lunedì 26 marzo 2012

La crisi del sistema regionale di promozione!


Come ormai tutti sappiamo, la riforma costituzionale del Titolo V, approvata dal Parlamento italiano nel 2001, ha assegnato le materie del turismo alle Regioni.
Si è voluto, in questo modo, dare un forte ruolo a quella Istituzione – la Regione – che meglio rappresenta la destinazione turistica anche in un'ottica di mercato, secondo quanto viene, spesso, percepito dal turista.
Possiamo comunque notare, dopo alcuni anni dalla riforma costituzionale, che da allora le diverse Regioni si sono date norme, strutture e risorse nell'attività promozionale, nell'organizzazione dell'accoglienza e nella definizione qualitativa delle strutture ricettive (es. “stelle”) secondo criteri dissimili. Abbiamo, quindi, assistito in Italia non solo ad una naturale concorrenza tra territori, ma anche ad una concorrenza influenzata dalla capacità di creare un sistema locale regionale più o meno efficiente.
Allo stesso tempo, quasi in contemporanea, abbiamo visto un forte depotenziamento dell'ENIT, l'ente nazionale di promozione turistica, e non, invece, una sua necessaria riorganizzazione secondo nuovi parametri organizzativi e promozionali. Così il "Made in Italy" del turismo è stato pressoché sostituito dalla galassia delle varie regioni, che in modo non coordinato, si sono poste sul mercato internazionale con criteri per lo più dissimili e con strategie spesso configgenti. Di conseguenza la stessa ENIT ha assunto un ruolo, molte volte non qualificante, di mero organizzatore di spazi fieristici internazionali da rivendere alle Regioni ed ai privati, o di elaboratore di liste di tour operator e di giornalisti.
Nell'ultimo decennio non abbiamo avuto, quindi, una vera e propria politica nazionale del turismo, ma un aggregato, spesso non costante, di attività regionali mal coordinate fra loro. La stessa critica che le Regioni hanno mosso al loro interno ai territori ed ai loro prodotti, potrebbe essere riportata al sistema promozionale italiano: mancanza di coordinamento, auto-referenzialità , spreco di denaro pubblico a causa di iniziative frammentate, ripetitive e non programmate a livello di Paese.
Non voglio soffermarmi sugli sprechi a livello nazionale; ne è emblema l'investimento costosissimo del portale Italia.it, passato ormai alla cronaca! Quello che voglio far notare è che il federalismo regionalistico nell'ambito della promozione turistica può aver una sua valenza positiva per quei mercati storicamente fidelizzati e che conoscono bene l'Italia. In Germania, ad esempio, ha senso parlare di Toscana e di Sicilia, di Dolomiti e di costa Adriatica. Anzi, spesso, in quei paesi che ben ci conoscono, il concetto di destinazione/prodotto non coincide neppure con i limiti amministrativi di un territorio. Per paradosso vorrei far notare che dove vi e' un turismo informato dell'Italia, la concorrenza dei territori dentro un unicum regionale è evidente. Andare a Firenze o a Siena o a Pisa per un turista inglese o tedesco è quasi sempre una scelta e non un caso!
Opposta è, invece, la situazione per quei "nuovi" mercati che si affacciano all'offerta mondiale! In Cina, ad esempio, la competizione non e' tra Italia o Spagna, tra Grecia o Inghilterra , ma tra Europa e Stati Uniti! È assurdo pertanto, pure per i territori a forte immagine come è ad esempio la Toscana, muoversi in questi casi a livello regionale. Il tour operator cinese si orienta, oggi, su un tour dell'Europa o, se va bene, del Paese nazione.
Detto questo si deve allora pensare che "l'e' tutto sbagliato, tutto da rifare"?
No! Anche il turismo è una scienza complessa che nelle nuove situazioni riesce a trovare nuovi approcci: in un mercato internazionale più complesso occorre operare con adeguati interventi promozionali più complessi di prima! Cioè conoscendo i “mercati obiettivo”, le loro esigenze, la loro conoscenza del territorio e muovendosi secondo strategie consequenziali.
Ma per ora mi limito a dare solamente questi accenni.


Carlo Bartolini

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